Ratti: «Il vero smart working non si fa nei borghi ma dentro le aziende»- Corriere.it

2022-05-20 17:56:40 By : Mr. Ken Wong

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L’architetto: «Chi immagina un mondo del lavoro da remoto in campagna o al mare racconta bufale. La sfida è recuperare la socialità che porta innovazione»

«Le frontiere dello smart working non sono i borghi, ma gli uffici in città, immersi nella natura e con spazi per la socialità creativa». Ecco come dovranno cambiare gli uffici secondo Carlo Ratti, l’architetto torinese che vive tra la sua città natale e Boston dove insegna al Massachusetts Institute of Technology e dirige il MIT Senseable City Lab.

Lo smartworking conviene a tutti, lavoratori e aziende. Quello che viene a mancare però è la socialità-creativa. Come si ripensano gli uffici? «Affrontare la tensione tra flessibilità garantita dallo smart working e socialità che deriva dalla condivisione dello stesso ambiente di lavoro fisico è fondamentale per progettare uffici migliori. I legami deboli, quelli che Mark Granovetter identifica come legami tra conoscenti casuali e colleghi, sono quelli necessari all’innovazione, perché ci costringono a incontrare il diverso, l’inaspettato e trovare forme di confronto. Oggi la sfida è ripensare l’ufficio fisico come un luogo che favorisca quella dimensione di “serendipità” che è cruciale per i processi di innovazione».

Lei ha diversi cantieri sull’ufficio 4.0: ibrido e green. Qual è la sua visione? «Mettiamo insieme socialità e natura. Un esempio è CapitaSpring, il grattacielo di 280 metri progettato a Singapore insieme allo studio BIG, pronto tra poche settimane. Al suo centro, a decine di metri dal suolo, si può lavorare negli uffici immersi in un’oasi tropicale, con l’uso di tecnologie per il controllo ambientale. O gli uffici della Zambon a Milano con un sistema di illuminazione che consente di portare la luce naturale all’interno degli ambienti di lavoro e aree verdi a coltura idroponica».

Ha disegnato la nuova sede di Banca Sella a Torino, nell’ex edificio della Juventus. Come hanno trovato una sintesi queste tendenze? «La collaborazione con il Gruppo Sella sull’Open Innovation Center a Torino, ancora in cantiere, offre un antidoto all’isolamento del lavoro esclusivamente digitale che citavo prima. Qui abbiamo concepito un alto numero di spazi pensati per favorire lo scambio di idee, l’interazione e la nascita di nuovi progetti. Le scrivanie possono essere condivise grazie a un sistema di sanificazione automatizzata con luce UV-C».

Quali sono i progetti di uffici più creativi che ha progettato in giro per il mondo? «Il retreat Pankhasari nell’Himalaya indiano. Uno spazio di co-living e co-working, con una connessione Internet ad alta velocità e ampie strutture per il telelavoro, che rendono possibile vivere in uno degli angoli più remoti e belli del pianeta e ugualmente interagire con le comunità di tutto il mondo. Il progetto, costruito con materiali locali, risponde all’ambiente utilizzando principi bioclimatici nella progettazione, con particolare attenzione a raffreddamento, ombreggiamento, alla ventilazione naturale e la protezione contro i monsoni».

C’è una tendenza delle aziende a spostare gli uffici nei centri città o a uscire verso zone più verdi? «Credo di essere stato uno dei pochi l’anno passato a dire che quella dei borghi era una bufala. I borghi italiani sono bellissimi, ma non hanno l’attrattività di una grande città. Certo, con lo smart working potremmo trasferirci a Roccacanotta e andare a Milano solo due volte alla settimana. Tuttavia se ci piace mangiare giapponese, se vogliamo andare a teatro, al cinema d’essai o a un foam party, come faremo?».

Quali sono le esigenze dei lavoratori «alienati» dallo smart working, che le aziende devono tener presente per una riprogettazione degli spazi? «Abbiamo bisogno di uffici intesi come spazi di socialità. Dovremo inevitabilmente privilegiare ambienti comuni, per incontri o riunioni più intimi o più ampi, a seconda dei casi specifici. Se desideriamo l’isolamento possiamo semplicemente lavorare da casa».

Tre regole per l’ufficio del futuro? «Socialità, socialità, socialità».

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