Che correlazione c'è tra l'allevamento intensivo di animali da reddito e i cambiamenti a livello ambientale? Il collegamento è più diretto di quanto si potrebbe sospettare. Quando pensiamo al cambiamento climatico in effetti l'allevamento non è il primo problema che ci viene in mente. Eppure, gli scienziati stanno dimostrando come, complice l'aumento del consumo di carne e di altri prodotti di derivazione animale, le industrie della zootecnia intensiva stiano arrecando un danno ambientale di proporzioni spaventose. Scopriamo insieme il motivo.
Vale la pena comprendere, prima di entrare nel dettaglio del problema, cosa si intenda per allevamento intensivo. Si tratta di un tipo di industria zootecnica che punta alla crescita e alla riproduzione delle specie animali destinate al consumo alimentare della popolazione o alla produzione di altri alimenti derivanti dallo sfruttamento dello stesso animale. Naturale evoluzione del processo di produzione di carne in epoca post-industriale, l'allevamento intensivo si basa sulla quantità di animali allevati, a discapito spesso della qualità del metodo di allevamento e quindi del prodotto finale.
Meccanizzando il sistema i costi di produzione si mantengono bassi, con la conseguenza di una vendita al dettaglio a un prezzo altrettanto conveniente. Almeno per le nostre tasche, non per il nostro pianeta.
Gli allevamenti di questo tipo, già criticati dalle associazioni animaliste per le condizioni di estrema indigenza in cui vengono tenuti gli animali (ambienti stretti con poca possibilità di movimento, sovraffollamento, infezioni sconfitte con antibiotici e altri farmaci, illuminazione carente e così via), producono infatti un inquinamento atmosferico dalle conseguenze estremamente dannose.
Apparentemente non c'è una correlazione diretta tra il cambiamento del clima e l'allevamento di tipo intensivo. Eppure, il collegamento è più forte di quanto non traspaia a uno sguardo distratto.
Gli animali vengono nutriti con una dieta a base di cereali, ovvero una dieta non naturale per molti di loro. Questo li porta a produrre deiezioni in maggior quantità rispetto al normale. Tali deiezioni non vengono sfruttate e finiscono per contaminare aria e acqua. Il tutto con costi molto elevati.
I grandi quantitativi di flatulenze e liquami, ricchi di azoto e fosforo, rilasciano nell'atmosfera ammoniaca che, unendosi ad altri componenti inquinanti, produce le cosiddette polveri sottili. Tali sostanze dannose vengono poi smaltite spesso in maniera scorretta e finiscono per inquinare anche l'acqua di superficie, le falde acquifere e il suolo.
A tutto ciò si aggiunge il problema della deforestazione, resa necessaria per mantenere pascoli a mandrie sempre più grandi. Tali enormi mandrie, con il loro peso, finiscono per compattare talmente tanto il terreno da rendere impossibile il drenaggio dell'acqua, rendendo di fatto gli appezzamenti inutilizzabili per altro scopo.
Per superare questo tipo di problema la soluzione migliore sarebbe un cambiamento delle nostre abitudini alimentari, con una riduzione massiccia del consumo di carne e di prodotti di origine animale rispetto alle attuali proporzioni. Ma anche l'abbandono degli allevamenti di tipo intensivo potrebbe contribuire a ridurre il loro impatto ambientale.
L'allevamento su pascolo in quantità contenute potrebbe risultare ad esempio un metodo molto più sostenibile per poter garantire comunque un prodotto di qualità e adatto alle esigenze e alle abitudini di buona parte della popolazione. Riducendo la domanda di prodotti potremmo ridurre le quantità da produrre, tornando quindi a un allevamento basato sulla qualità e rendendo illegali determinate pratiche eticamente scorrette nei confronti degli animali, riconosciuti da anni universalmente come esseri senzienti.
Un sistema produttivo sostenibile avrebbe molti benefici ambientali ed economici, migliorerebbe la salute del suolo e la qualità dell'acqua, grazie alla riduzione delle emissioni di gas serra e potrebbe anche aiutare a ricostruire le economie rurali, creando posti di lavoro e opportunità di reddito.
Passare dunque dalla pratica dell'allevamento intensivo a un allevamento di tipo sostenibile può diventare un’opzione importante per raggiungere la sicurezza alimentare globale e mitigare contemporaneamente i cambiamenti climatici.
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