Le serre florovivaistiche pugliesi sono sotto stress per l’aumento dei costi dell’energia elettrica (+150 per cento) e del gas (+250). Andrà peggio in autunno quando sarà questione di vita o di morte per piante e fiori il riscaldamento. Gli imprenditori potrebbero cambiare orientamento produttivo dei propri vivai o dichiarare default. E’ l’allarme lanciato da Coldiretti Puglia che sottolinea come, al contrario dei settori nei quali si cerca di concentrare le operazioni colturali nelle ore di minor costo energetico, le imprese florovivaistiche «non possono interrompere le attività pena la morte delle piante o la mancata fioritura per prodotti agricoli altamente deperibili. Le rose ad esempio hanno bisogno di una temperatura fissa di almeno 15 gradi per fiorire e lo stesso vale per le gerbere, mentre per le orchidee servono almeno 20-22 gradi per fiorire e 14 ore di illuminazione ed in assenza di riscaldamento muoiono».
Gli imprenditori del settore, di conseguenza cercano di far fronte a questo «impatto devastante», ma potrebbero essere costretti a cambiare l’orientamento produttivo delle serre «favorendo le importazioni da Paesi stranieri che nel 2021 hanno già fatto registrare un aumento del 20% in valore, ma spesso si tratta di prodotti ottenuti dallo sfruttamento come nel caso delle rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza diritti e i fiori dalla Colombia dove ad essere penalizzate sono le donne».
Il settore florovivaistico in Puglia si sviluppa principalmente in provincia di Lecce (Taviano, Leverano, Alliste, Maglie, Melissano, Nardò, Porto Cesareo, Racale e Ugento) e in provincia di Bari (Terlizzi, Canosa, Bisceglie, Molfetta, Ruvo di Puglia e Giovinazzo), e altre aziende sparse nel resto della regione. Il distretto leccese rappresenta il 12,4% della produzione agricola, Bari costituisce il 5,8% del valore della produzione agricola. Le aziende pugliesi, in termini di terreno, sono mediamente più grandi della media nazionale. Delle 853 aziende floricole il 65% si colloca tra 1 e 5 ettari mentre a livello nazionale la stragrande maggioranza delle aziende (58,2%) ha una superficie inferiore ad 1 ettaro. Coldiretti chiede provvedimenti urgenti del governo anche perché l’emergenza energetica si riversa anche su carburanti per la movimentazione dei macchinari, sui costi delle materie prime, fertilizzanti, vasi e cartoni.
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