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Coloro che seguono l’evoluzione dei progressi tecnologici delle armi, specialmente ora che con la guerra in Ucraina tali informazioni sono fatte circolare con maggior frequenza, avranno forse notato che si parla di quarta, quinta e sesta “generazione” di aerei. Più recentemente, stanno circolando notizie circa il quasi certo impegno delle industrie italiane nella progettazione e produzione di un caccia di VI generazione. Ma, cosa si intende con tale classificazione? Che differenze ci sono?
In generale, con il termine “generazione” si intende il livello di prestazioni e di innovazione tecnologica di un aereo, così, in ordine progressivo, ad esempio quelli di quarta generazione sono superiori a quelli di terza generazione, che a loro volta prevalgono su quelli di seconda generazione, e così via. L’orientamento a tale classificazione si diffuse negli anni ’90, probabilmente per la forte accelerazione che ebbero alcune tecnologie di realizzazione di motori a reazione supersonici, di aerodinamica e di applicazioni radar. Va anche detto che sebbene tale graduatoria sia, per grandi linee, condivisa da molti tecnici del settore, persistono diverse valutazioni sull’assegnazione degli aerei all’uno o all’altro livello. Ciò accade perché la celerità delle innovazioni fa sì che alcuni modelli siano negli anni aggiornati con soluzioni che saranno poi tipiche della generazione successiva.
Considerato che l’ormai noto caccia F-35, di produzione statunitense, al centro di tante discussioni e polemiche anche in Italia, è di V generazione e che solo da poco sta entrando in servizio, appare forse strano che si parli già ora di una VI generazione. In realtà, sebbene il progresso tecnico e la ricerca applicata procedano sempre più celermente, la progettazione, la sperimentazione e la messa in produzione e servizio di una nuova generazione di aerei richiede alcuni decenni, non alcuni anni. Gli aerei di V generazione che stanno ora entrando pienamente in servizio in modo più massiccio sono il frutto di progettazioni e ricerche avviate nei primi anni duemila, così come la VI generazione alla quale si sta lavorando ora, si ipotizza che potrà entrare in servizio, grosso modo, tra non meno di 15 anni.
Esaminiamo alcune differenze tra una generazione e l’altra, senza eccessivi tecnicismi che si lasciano agli addetti ai lavori. La V generazione, che è quella attualmente più avanzata, include, oltre al citato F-35, i caccia l’F-22 Raptor, il Sukhoi T-50, il Chengdu J-20. Tutti questi aerei, con le loro varianti più o meno aggiornate e modificate, hanno in comune almeno due caratteristiche: sono stealth, cioè a bassa evidenza all’osservazione da parte nemica e sono definiti ad alta efficacia “di superiorità aerea”, cioè progettati per attacco, intercettazione e distruzione di aerei nemici, più che come aerei da attacco al suolo o come intercettori di bombardieri. Superiorità aerea, quindi sottende un concentrato di tecnologia che ponga i caccia in grado di prevalere su aerei nemici pure essi ad alte prestazioni. Negli anni ’80 e ’90, invece, gli aerei di IV generazione (quali F-104 e Mig-21), erano prevalentemente multiruolo, anche sulla scia dell’esperienza maturata con la guerra del Viet-Nam, cioè in grado di assolvere diversi tipi di missione, sia contro altri aerei (intercettazione di difesa o di attacco) che a supporto di azioni terrestri. Tra i più noti aerei della IV generazione, con i quali si è continuato a far prevalere la caratteristica multiruolo ma inserendo pure alcune specializzazioni, sono stati lo statunitense Phantom F-4, i Mig-27 e Mig-23 Sovietici ed i francesi Mirage V ed F-1.
I caccia militari attuali sembrano già avere una straordinaria velocità e potenza, sia di attacco che di reazione agli attacchi, cosa si prevede con la VI generazione? La prossima generazione dovrà affrontare e gestire sistemi sempre più complessi e sofisticati, costituiti da reti terrestri, navali e satellitari di rilevazione, dovrà potersi coordinare ed integrare simultaneamente con diversi sistemi di arma, dovrà dialogare con sensori mobili e con sistemi di droni e di aerei senza pilota (la differenza tra questi ultimi sarà sempre minore), dovrà intercettare, rispondere e gestire attacchi informatici ed elettronici. Sostanzialmente, la VI generazione dipenderà in parte dai sistemi di intelligenza artificiale e dall’ampio supporto tecnologico che dovrà inevitabilmente affiancarsi al pilota, il quale certo sarà sempre meno in grado di gestire, da solo, situazioni non soltanto ad alta complessità d’insieme ma che richiedono scambio di dati e calcoli molto rapidi nonché reazioni di risposta a velocità millesimali. Quindi, per i potenti e costosi aeromobili non solo si disporrà di armi più precise e rapide, ma la superiorità aerea sarà principalmente data dall’ampia integrazione e compatibilità di interconnessione, dalla potenza di analisi e calcolo integrata con i sistemi satellitari e terrestri, non ultimo, dall’integrabilità pure con i sistemi dei Paesi militarmente alleati.
L’Italia, che con le sanzioni incluse nei Trattati di pace che posero fine alla seconda guerra mondiale non fu penalizzata solo con la cessione dell’Istria ed altri territori ma dovette pure drasticamente ridimensionare l’ aviazione e la marina, con i relativi comparti industriali, ricomincia ora a recuperare un ruolo sempre più rilevante nel settore industriale aereo militare, in particolare con i progetti del Jet Tempest e con l’Eurodrone. Il Tempest sarà un caccia di VI generazione, al quale stanno lavorando Regno Unito, Italia (Leonardo) e Svezia, cui si è aggiunto recentemente il Giappone. L’Eurodrone invece sarà un veicolo senza pilota, con tecnologie altamente sofisticate, al quale lavorano assieme Italia, Germania, Francia e Spagna, tale veicolo sarà competitivo con la più avanzata produzione internazionale. Il propulsore dell’Eurodrone sarà realizzato dalla italiana Avio Aero. Ma forse, in qualche cassetto, già ci sono le prime ipotesi per la futura VII generazione.
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