Fino a non troppi decenni orsono l’Italia era un paese alquanto distratto nella gestione dei beni culturali, soprattutto quelli distanti dalle città. Un caso emblematico è stato per secoli Bomarzo, come sappiamo feudo cresciuto intorno al castello dei duchi Orsini, che qui ebbe in Vicino un signore illuminato, che fece incaricare una delle archistar del proprio tempio, Ligorio Pirro, di disegnare un vasto teatro mitologico colmo di riferimenti e opere fantasiose, compiuto in seguito nell’arco di trent’anni. Quel “boschetto”, come lo chiamava il conte, a noi è giunto col nome di Sacro Bosco o Parco dei Mostri. Quel che molti ignorano, soprattutto nelle generazioni meno datate, è che questo luogo rimase praticamente abbandonato fino alle soglie dei nostri attuali tempi, completamente abbandonato a sé stesso, preda del bosco, dei pastori e di qualche contadino.
La Piramide Rupestre. Sapevate che a Bomarzo è stata rinvenuta una piramide etrusca? A poca distanza dai confini del Giardino dei Mostri, nei boschi di frazione Cagnemora, c’era un sasso che i cacciatori locali usavano come punto di ritrovo. Alcuni archeologi ogni tanto venivano a cercarla ma è stato un giovane che nel tempo libero ha deciso di ripulirla, nell’inverno fra il 2008 e il 2009, Salvatore Fosci, che l’ha restituita all’attuale stato: da solo e poi col sostegno del sindaco è stata rimossa la terra, i tronchi e gli strati di foglie secche che in buona parte la ricoprivano. In pochi anni è diventata un attrattore turistico, una vera e propria piramide attribuita agli Etruschi, ma qualcuno sussurra addirittura al 1800 a.C. Otto metri di altezza scendendo dal monte sulla quale siede e sedici se arrivate dalla parte opposta. Ventotto gradini simbolici – come i giorni del ciclo lunare – scolpiti nella roccia vulcanica, uno dei maggiori, se non il più grande manufatto di arte rupestre ritrovato in Italia.
In memoria di un cavallo. Se ancora avete bisogno di ulteriori stimoli per mettere in agenda una giornatina a Bomarzo aggiungo la ciliegina sulla torta. A poca distanza dalla Piramide c’è la tomba di un cavallo. Ora, nelle mie girovaganti dendrosofie, nel corso di oltre quindici anni, ho incontrato la tomba di vari animali, o meglio di varie tipologie di bestie. Ad esempio ricordo la tomba del compianto cane Werter, nei giardini del parco del Castello di Racconigi, in Piemonte, circondata da quattro splendidi platani orientali a zampa di elefante e voluta dalla principessa di Savoia-Carignano Joséphine di Lorena-Armagnac mentre il suo adorato cagnolino era ancora in vita. Sul pilastrino che ne porta la statuetta si legge: "Verter sono io di Gioseffina ancora lieto a lei presso ognora e già i vezzi miei blandi e la mia fede han qui eterna mercede". Sublime. Oppure penso alla tomba della lupa di Gubbio, attualmente presentata come la tomba dell’animale pacificato da San Francesco ma di cui la verità, l’obiettività storico-scientifica, sarebbe probabilmente assai problematica da accertare. Se siete stati nelle terre francescane e l’avete mancata recuperate, si trova nella cripta della chiesa di San Francesco della Pace. E qui, fra i boschi di Bomarzo, c’è una tomba dedicata al cavallo Musetto, una semplice lapide di marmo piantata nella terra. Il cavallo correva al locale Palio di Sant’Anselmo che si celebra coi fasti delle feste medioevali nel mese in primavera, e infatti la sua morte fu causata da un incidente avvenuto il 25 aprile 2001, uno scontro accidentale contro una palizzata in legno. Sulla lapide potete ancora leggere, sebbene inizi ad essere sbiadito:
MUSETTO Resterai sempre nei nostri cuori
Questi stessi boschi si allungano fino alla Torre del borgo Chia, ora nel comune di Soriano del Cimino – lo stesso comune che ospita una delle più belle faggete vetuste d’Italia – ma fino al 1942 parte del territorio di Bomarzo, edificata nel 1200 ma nota ai tempi nostrani perché luogo amato da Pier Paolo Pasolini che la scoprì nel 1963, prima passandovi alcuni periodi in solitudine, poi girando alcune scene del film Il Vangelo secondo Matteo (lo stesso che lo portò ai Sassi di Matera) e infine, ultima sua dimora prima della tragica morte nelle campagne di Ostia.
Tiziano Fratus vive in una casa davanti a un bosco. E' autore di molti libri e medita. Studiohomoradix.com