Partito con il primo lancio di Vega C insieme al Lares2 e ad altri cinque cubesat, il modulo di Enea, Università Federico II di Napoli e Sapienza Università di Roma punta a verificare se è possibile coltivare nello spazio vegetabili edibili
Si chiama GREENCube il primo orto spaziale lanciato in orbita dal nuovo vettore Vega-C dell’Esa che è decollato lo scorso 13 luglio dalla base di Kourou, nella Guyana francese. Tra i diversi payload presenti, oltre al satellite scientifico Lares2, ve ne erano altri sei ed uno di questi è GREENCube, un micro-orto che misura 30x30x10 centimetri ed è stato progettato da un team scientifico da Enea, Università Federico II di Napoli e Sapienza Università di Roma che coordina il lavoro di ricerca in accordo con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi).
GREENCube è un cubesat pressurizzato nel quale sono alloggiate due unità. Una contiene il micro-orto con coltura idroponica a ciclo chiuso, sistemi di illuminazione, controllo di temperatura ed umidità oltre alle soluzioni per nutrire le erbe che, in questo caso, è crescione poiché è molto produttivo e molto resistente alle condizioni estreme. L’altra unità ospita invece la piattaforma di gestione controllo del velivolo spaziale. Il ciclo di sperimentazione previsto è di 20 giorni e il modulo è in grado di trasmettere a Terra i dati in totale autonomia.
Il sistema di coltivazione è concepito per massimizzare l’efficienza sia in termini di volume sia di consumo di risorse (energia, aria, acqua e nutrienti) nel corso della missione. Come riscontro immediato, sarà condotta sulla Terra una coltivazione perfettamente identica del micro-orto in orbita, così da verificare gli effetti sulle erbe di radiazioni, bassa pressione e microgravità. I risultati saranno cruciali per valutare se le piante, sottoposte questo ambiente estremo, siano in grado di crescere assicurando così la possibilità di fornire cibo fresco e altamente nutriente per le future missioni umane in orbita.
“La ricerca spaziale si sta concentrando sullo sviluppo di sistemi biorigenerativi per il supporto alla vita nello spazio; le piante hanno un ruolo chiave come fonte di cibo fresco per integrare le razioni alimentari preconfezionate e garantire un apporto nutrizionale equilibrato, fondamentale per la sopravvivenza umana in condizioni ambientali difficili” afferma Luca Nardi del Laboratorio Biotecnologie dell’Enea.
“I piccoli impianti di coltivazione in assenza di suolo come GREENCube – continua il ricercatore – possono svolgere un ruolo chiave per soddisfare le esigenze alimentari dell’equipaggio, minimizzare i tempi operativi ed evitare contaminazioni, grazie al controllo automatizzato delle condizioni ambientali. Per questo dopo il successo del lancio del razzo e del rilascio in orbita del suo carico, stiamo aspettando con ansia le temperature ottimali interne per dare il via libera alla sperimentazione”.
“Oltre alla capacità di convertire anidride carbonica in biomassa edibile – conclude Nardi – gli organismi vegetali sono in grado di rigenerare risorse preziose come aria, acqua e nutrienti minerali, ma da non sottovalutare è anche il beneficio psicologico per l’equipaggio, derivante dalla coltivazione e dal consumo di verdura fresca che richiamano la familiarità di abitudini e ambienti terrestri per far fronte allo stress psicologico cui gli astronauti sono soggetti, dovuto alle condizioni di isolamento in un ambiente totalmente artificiale”.
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