Nelle vigne del Nord-Ovest Sardegna spira un vento nuovo, oltre al Maestrale! Vignaioli di Romangia, Coros e Nurra si uniscono per valorizzare le proprie diversità - Wine Blog Roll - Il Blog del Vino Italiano

2022-08-19 17:41:18 By : Ms. chen yee

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Il mio ultimo tour enoico per vigneti e cantine di Sardegna si è concluso in un macro areale che include singolarità tanto diverse fra loro quanto legate da alcuni comuni denominatori. Parlo del Nord Ovest Sardegna, area in cui insistono territorio quali la Romangia, il Coros e la Nurra. E’ da questi territori che proviene un manipolo di giovani vignaioli uniti dalla volontà di valorizzare le proprie identità attraverso una comunicazione corale, coesa e coordinata basata sul confronto interno ed esterno e su una visione prospettica fondamentale per mettere in risalto le peculiarità dei loro vigneti, varietali, vini e piccole cantine.

Più precisamente il gruppo di vignaioli, agronomi ed enologi uniti dalla volontà di attirare l’attenzione dell’enosfera sulle principali aree vitivinicole del Nord-Ovest Sardegna, è così composto:

Mario Bagella – Montizzeddu (Sorso/Romangia)

Leo Conti – Piani di Lu Forru (Sorso/Romangia) e Zighera (Sennori/Romangia)

Giulio Rùiu – Badde Porcheddu (Sennori/Romangia)

Antonio Ogana – Oridda (Sennori/Romangia)

Gavino Delogu – Monte Oro (Usini/Coros)

Luca Mercenaro – Ruinas (Usini/Coros)

Gian Piero Saccu – Baratz (Alghero/Nurra)

Partiamo dal Coros, che ricade nell’area a sud della città di Sassari, con un’alternanza da est ad ovest di di rilievi metamorfici più bassi e dolci (paleozoico) seguiti da irte colline, con stratificazioni di calcare e pietra dolomia (Mesozoico). Ideale “capitale” enoica del Corso è Usini, terra di vigne e di ulivi, capace di divenire, dagli anni ’70 a oggi, la vera culla del Cagnulari, vitigno storico dell’area che rischiava di essere perduto definitivamente. Pur essendo presente anche nei vigneti di Ossi, Tissi, Uri, Ittiri, Sorso, Torralba e Alghero (ne troviamo traccia anche nel Mandrolisai e in altri areali), è proprio Usini il centro nevralgico della coltivazione e della valorizzazione di una varietà dalle origini ancora incerte (la più accreditata è quella che lo vedrebbe arrivare dalla Spagna) ma che, prima del drammatico avvento della fillossera a fine ‘800, rappresentava un vanto per l’intero territorio sia per la rinomata produzione locale che per l’esportazione come vino da taglio (con rese contenute è in grado di raggiungere alta gradazione alcolica e intensa colorazione e notevole concentrazione polifenolica, doti ideali per i vini da taglio dell’epoca che dovevano “arricchire” in struttura e colore i vini del nord) in Francia. Accanto al Cagnulari e, ovviamente al Cannonau, in questa zona si coltiva da tempo anche il Vermentino che, a mio modo di vedere, rappresenta un’ottima espressione di una terra che induce un’identità differente da quella di altri noti areali a trazione bianchista. Vini con uno spettro olfattivo tendenzialmente più spostato sul fiore che sul frutto, con note di macchia mediterranea ben evidenti che fanno da preludio a un sorso integro ma di buon nerbo acido e decisamente sapido nel finale.

A testimonianza di ciò ci sono i vini delle due realtà locali che ho avuto modo di incontrare lungo il mio cammino: Gavino Delogu e Carpante.

Una novità per me la cantina dell’abile e lungimirante viticoltore Gavino Delogu che, a Usini, fonda la sua cantina nel 2016, attingendo ai vigneti di famiglia in un’armonica alternanza fra vecchi e nuovi impianti gestiti con grande cura e rispetto. Gavino, coadiuvato dal giovane enologo Pier Michele Chessa, Due i vini degustati, già sul mercato, Prima Stella e Ultima Stella. Il primo è un Vermentino Doc Sardegna 2021 fresco, fiero della sua aromaticità coerente con varietale e territorio, spinta sul fiore e sulla componente mediterranea e meno sul frutto; sorso ampio in ingresso, di buona grassezza ma in grado di tendersi e distendersi con agilità; chiude con buona spinta sapida. Il secondo non poteva che essere un Cagnulari Alghero Doc 2020 intenso, ricco ma ben bilanciato fra frutto, fiore, spezia e sottobosco; sorso integro, materico e sfaccettato, di buona profondità e con una trama tannica ben definita. Due vini ben concepiti, espressioni fedeli di un grande e attento lavoro in vigna, apprezzabile anche in un’annata complessa come quella di quest’anno. Sarà interessante valutare le sperimentazioni future sia con questi due varietali che con il Cannonau. Passiamo ora alla seconda realtà di Usini e del Coros, ovvero l’azienda Carpante, di cui ho già avuto modo di scrivere in passato. Carpante coltiva con attenzione e rispetto quasi tutti i varietali storici di Sardegna, dal Cagnulari, come già detto, al Cannonau, passando per il Carignano ed il Vermentino, con piccole produzioni di Bovale e Pascale, con l’obiettivo di offrire una produzione capace di offrire un ventaglio ampio di interpretazioni territoriali che abbiano come traduttore ciascun varietale impiantato nella parcella a esso più consona.

Tra i vini che ho avuto modo di assaggiare in questa occasione segnalo il Vermentino di Sardegna Doc Frinas 2021, un vino di luce, energia, nerbo e grande lunghezza sapida e il Cagnulari Isola dei Nuraghi Rosso Igt 2020 scuro nel frutto e fresco nel fiore, spezia e sottobosco, mirto e menta, materia e sostenuta acidità ne compongono il complesso spettro organolettico.

Riguardo la Nurra, che gode di una sua IGP, prendiamo in esame l’intero territorio dei comuni di Alghero, Ittiri, Olmedo, Ossi, Porto Torres, Sassari, Stintino, Tissi, Uri e Usini, in provincia di Sassari. Come esempio della viticoltura di quest’area ho potuto incontrare una piccola, giovane e virtuosa realtà: Podere 45. L’azienda di famiglia, guidata dal talentuoso enologo Gian Piero Saccu, vede i propri ca. 2ha di vigna situati nell’area di bonifica dell’agro di Alghero, a 2km dal mare. La pedologia della Nurra algherese è di matrice argilloso-calcareo-sabbiosa con proporzioni che cangianti di parcella in parcella, anche in maniera molto repentina.

Qui i 3 fratelli Saccu stanno cercando di dare nuova linfa vitale alle terre e ai vigneti di famiglia puntando tutto su Vermentino e Cagnulari (almeno per ora) e producendo vini di grande identità e personalità, nel rispetto della tradizione ma senza timore di sperimentare e interpretare i frutti di questo areale in maniera più consapevole e contemporanea, sia in termini agronomici che enologici.

Podere 45 produce un Vermentino di Sardegna Doc 2021 armonico nei toni varietali, frutta bianca, fiori gialli, lievi accenni agrumati e tropicali su uno sfondo minerale; sorso agile e scattante, con buona consistenza nel centro bocca e decisa spinta salina in chiusura. Buon bilanciamento fra struttura e acidità. Poi c’è l’Anteprima, un Cagnulari che mantiene l’intensità di frutto e spezia olfattiva del varietale ma vuole portare nel calice un’interpretazione più agile e saporita, più consona alle terre in cui è allevato in quest’area. Sorso vibrante, ben dosato in materia, tannini soft e gustoso finale fra ferro e sale. Una visione del Cagnulari che apprezzo molto, in quanto aderente al territorio e scevra delle “aspettative” varietali di chi ha una visione di tali vini monotematica, condizionata dalle produzioni dell’areale di riferimento.

All’appello manca l’areale storico della Romangia, una delle principali aree vitivinicole in Sardegna.

Siamo, ovviamente, nella parte Nord-Occidentale dell’isola, dove la formazione dei substrati pedologici abbraccia un arco di tempo compreso fra il Miocene e l’Olocene. Una morfologia affascinante e cangiante, che vanta una conformazione ad anfiteatro delle colline che guardano il mare a nord e degradano in maniera garbata verso la costa, salvo dove il profilo del versante viene interrotto dall’affioramento di caratteristiche testate di strati rocciosi, più resistenti all’erosione, che proteggono le formazioni sottostanti. Una zona vitivinicola che abbraccia la quasi tutta la Costa Occidentale e va dalla Marina di Sorso alle Colline di Sennori.

I suoli spaziano da quelli a matrice calcarea e marnosa, con tessitura da franca ad argillosa, a quelli più sabbiosi L’altitudine dei terreni coltivati a vite è varia dal livello da pochi mt s.l.m a 350 mt s.l.m. La coltivazione della vite nel territorio ha origini antichissime e la sua storia è strettamente legata all’identità e alla tradizione del territorio, espresse con orgoglio dai vignaioli locali dediti principalmente alla coltivazione di vitigni tipici come: il Moscato (bianco), il Cannonau, il Cagnulari, il Vermentino (più recentemente) ma anche il Bovale Sardo, la Caricagiola, il Girò e il Pascale di Cagliari.

Il clima dell’areale è di tipo semi-arido nei mesi estivi, con scarse piogge e una buona temperatura media annuale senza particolari picchi dei mesi di luglio ed agosto e una buona escursione termica in pre-vendemmia. L’irraggiamento solare e l’esposizione ai venti marini sono fattori fondamentali per una corretta maturazione e una salubrità “naturale” dei vigneti. Unico “nemico” il vento che forte e carico di sale non manca di sferzare i vigneti più a ridosso della costa. Suggestive le barriere di canne che potrete trovare a protezione di alcuni vigneti. E’ in questo territorio che i giovani Mario Bagella, Leo Conti, Giulio Rùiu e Antonio Ogana gestiscono i propri vigneti e producono vini fortemente caratterizzati dall’identità pedoclimatica e da quella delle singole individualità, cariche del proprio bagaglio esperienziale in termini di studio e di lavoro in Italia e all’estero.

Nello specifico Mario Bagella, dell’omonima azienda, è un giovane vignaiolo e agronomo che, assieme a suo padre Leonardo, porta avanti una piccola realtà sita a Sorso, con il corpo principale dei vigneti a ridosso della nuova cantina in fase di completamento nella zona di Montizzeddu, ma dispone di altri appezzamenti nelle zone di Olieddu e Pianu Mannu. Durante la mia ultima visita ho potuto apprezzare l’evoluzione delle sue declinazioni di Vermentino, Moscato (secco), Cannonau e Cagnulari, con il Moscato Secco “MilleNovecento64” Isola dei Nuraghi Bianco Igt 2019 a stupire per freschezza dei toni terpenici e per la complessità raggiunta grazie all’affinamento in bottiglia; sorso che gioca a controbilanciare in maniera tesa, asciutta e salina le percezioni olfattive a tendenza “dolce”. Ottimo anche il Cannonau di Sardegna Doc 2021 “1Sorso” giocato sulla freschezza di frutto e di fiore, intrigante nella speziatura nera e nei toni di macchia mediterranea e liquirizia; ampio e avvolgente l’ingresso, capace poi di dare ritmo di beva al sorso grazie alla buona acidità e all’ematica mineralità.

Chiudo, poi, con delle realtà che non hanno ancora iniziato la propria avventura in termini meramente commerciali ma che stanno già ponendo le basi per delle produzioni di nicchia davvero interessanti, grazie alla dislocazione dei vigneti in appezzamenti di grande vocazione e alla notevole attitudine al lavoro in vigna e in cantina di questo gruppo di affiatati vignaioli.

Parlo di Leo Conti che a Sorso, più precisamente nella zona denominata Piani di Lu Forru (vigneti di famiglia) e Zighera (vecchi vigneti in gestione) gestisce un piccolo appezzamento dal quale sta sperimentando produzioni figlie di una visione più internazionale (ha lavorato anche in Napa) della produzione locale, sia nell’utilizzo del legno che nelle varietà che vanno a integrare i vitigni tipici del territorio. Ecco quindi che a stupire è un Cabernet Franc che rappresenta a pieno ciò che mi aspetto da una varietà alloctona in grado di tradurre diversi terroir e di permettere comparazioni nazionali e internazionali, ovvero un’espressione che coniuga solo, vento e sasso, forza, acidità e mineralità con una buona agilità di beva e un uso del legno ben ponderato. Il ragazzo ci sa fare e sono certo che tirerà fuori dai suoi “cilindri” di legno intriganti sorprese siano esse prodotte con varietà tipiche che internazionali. Leo Conti è coinvolto anche nel progetto enologico di Antonio Ogana, proprietario della micro azienda agricola Agreste, sita a Sennori, che ha come obiettivo quello di preservare e valorizzare le varietà antiche di piante sarde e dei loro frutti. Realtà che inizia solo ora a muovere i primi passi in campo enoico e lo fa con una prima uscita già centrata nell’idea e nella resa nel calice, ovvero il “Cipriota” 2021, rosato da uve Cannonau, dai vigneti di Oridda, tutto frutto e succosità, fresco ma, al contempo fiero del suo corpo e del buon nerbo acido. Caldo e saporito in chiusura.

In fine, Giulio Rùiu che nella sua tenuta di Badde Porcheddu, a Sennori, ha ospitato più di una riunione di vignaioli alla quale ho avuto modo di prendere parte conoscendo i vigneti che circondano il suggestivo casolare di campagna e approfondendo la conoscenza del vignaiolo. Giulio, infatti, è un uomo che di vigne ne ha solcate, sempre con grande umiltà e curiosità, tanto da esser passato solo da poco alla produzione in bottiglia, dopo anni in cui la sua famiglia si limitava al commercio di un ottimo vino sfuso. E’ presto per parlare dei vini che Giulio deciderà di commercializzare ma non lo è per citare quello che ha rappresentato l’assaggio più distintivo dell’intero viaggio in Sardegna, denominato simpaticamente “Scivolino” dal padre di Giulio, che ne voleva evidenziare la grande agilità di beva. Uno di quei “Vin de Soif” di cui una regione come la Sardegna potrebbe e dovrebbe essere fautrice per l’attitudine della propria base ampelografica e per le esigenze palatali odierne, contrapposte all’opulenza e alle sovrastrutture che ancora, purtroppo, imperversano nelle menti e nelle cantine di molti produttori dell’isola. Un uvaggio da vigna base Cannonau, con Pascale e altre varietà locali (bianche) che ricalca a pieno la mia idea di vino di territorio nell’accezione più contemporanea, in cui agilità di beva e identità di fondono al meglio, bypassando l’imposizione enologica “moderna” della purezza. Un vino da bere senza soluzione di continuità, nitido nella fresca e spensierata esposizione di vigneti che godono di notevole escursione termica favorendo lo sviluppo aromatico.

Un gruppo di ragazzi che stanno facendo delle diversità un collante, apportando al confronto costante le proprie esperienze personali e professionalità che hanno pochi eguali in terra sarda. Se queste sono le premesse dell’associazione in via di costituzione credo che, oltre al Maestrale che da tempo immemore sferza tutte queste terre come a volerle legare con un filo intangibile di aria e di sale, spirerà un vento nuovo nel Nord-Ovest Sardegna!

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